pensione

Ombre inquietanti si proiettano sul futuro delle pensioni. La domanda, forse anche un po’ scherzosa che ci si poneva rispetto all’esistenza delle pensioni in futuro, diventa più seria e preoccupante, particolarmente per i giovani di oggi: arriveranno a prenderla?

Come funzionano le Pensioni?

La pensione è un istituto previdenziale che consente a chi alla giusta età si ritira dal lavoro, di poter percepire un’entità economica che permette di vivere.

Nel corso della vita lavorativa ciascuno, sia personalmente sia tramite il datore di lavoro, versa mensilmente dei contributi all’INPS proporzionali alla retribuzione.

L’INPS è l’ente previdenziale che gestisce le pensioni, oltre a specifiche casse previdenziali per certe categorie di lavoratori. I contributi incassati dall’INPS servono per pagare le pensioni in atto.

Detto questo è evidente che se ipoteticamente si smettesse di versare contributi, verrebbero a mancare le risorse che sostengono le pensioni. Questo è un concetto estremizzato ma nella realtà esistono preoccupazioni legittime rispetto al futuro.

Prospettive future delle pensioni

L’Italia presenta due fattori fondamentali:

  • Un’età media della popolazione decisamente elevata. Solo il Giappone ha una età media superiore a quella italiana a livello mondiale.
  • Un tasso di natalità molto basso e, purtroppo, in costante trend negativo.

A questi fattori si aggiunge un alto tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile che causa ricadute sociali ed economiche  non solo nel momento attuale ma anche in prospettiva futura.

Tra 20 anni il numero di persone che possono lavorare e quindi produrre contributi, per via dell’attuale bassa natalità, saranno poche e la conseguenza di questo è la depauperazione delle risorse per sostenere le future pensioni.

Se un giovane, attualmente, riesce a trovare lavoro, per esempio, a 30 anni, è evidente che l’entità di contributi che entrano nelle casse dell’INPS è nettamente tagliata e come potrà l’INPS avere le risorse economiche per pagare le pensioni?

Guardando al futuro dei giovani, poichè l’entità della pensione è proporzionale asi contributi versati, il forte rischio, anzi la certezza è che quel giovane, arrivato al momento del ritiro dal lavoro, avrà a disposizione una pensione assolutamente inadeguata per una vita dignitosa.

I Piani pensione o Piani previdenziali integrativi.

Da diversi decenni esiste la possibilità di aderire ai Piani previdenziali integrativi, cioè la possibilità di costruirsi autonomamente una pensione che va a sommarsi a quella pubblica, integrandola al fine di mantenere un livello di benessere economico o almeno una dignità di vita accettabile.

Le pensioni integrative possono essere di due tipi:

  • Di tipo aperto
  • Piani previdenziali chiusi

Il tipo aperto prevede la libera scelta di adesione a piani proposti da diversi soggetti economici.

I piani previdenziali chiusi prevedono la possibilità di accesso a determinate categorie di persone. Appartengono tipicamente a questo tipo le pensioni integrative riservate a lavoratori di una specifica azienda.

In questo caso le condizioni sono certamente migliori dei tipi aperti, grazie alla convenzione tra il proponente e l’azienda stessa. Quasi sempre lo stesso datore di lavoro versa una parte del contributo privato, aumentando l’entità della pensione che, infine, il lavoratore percepirà.

Chiaramente se il lavoratore cambia lavoro, decadono i benefici di quel piano specifico ma c’è sempre la possibilità di aderire ad un piano aperto convogliando i contributi fino a quel punto versati nel nuovo piano previdenziale.

I contributi versati sono comunque rivalutati progressivamente di interessi. Al termine del Piano, che solitamente ha un limite di età di 75 anni dell’aderente, questo può optare per la liquidazione di ciò che gli spetta o avere una rendita mensile.

A fronte di quanto detto risulta evidente che sarebbe importante soprattutto per chi inizia il suo percorso lavorativo ma anche per chi già è nel mercato del lavoro, costruirsi una pensione futura per non cadere in situazioni di povertà una volta lasciato il lavoro.